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Politica
Soldi nello Stato (21/01/2011)
In qualsiasi stato c’è un’organizzazione gerarchica dei vari enti, per cui al vertice c’è il governo nazionale, poi le regioni, le province, i comuni. Le tasse (almeno in Italia) sono raccolte e vanno direttamente al governo nazionale, che una parte ne usa e da il resto alle regioni; ogni regione usa una parte dei soldi e il resto lo da alle province; ogni provincia li usa e il resto ai comuni. Questo è il modello di distribuzione up-down.
Il problema è che le condutture perdono e, guarda un po’che caso, i soldi che arrivano ai comuni sono pochi. Per cui hanno dovuto fare delle tasse comunali. Ma questo crea confusione.
Come soluzione al problema ci sarebbe il modello down-up (gradito alla Lega). Secondo questo modello le tasse verrebbero raccolte dai comuni, che ne usano una parte e una parte li danno alla propria provincia; le province quindi usano una parte delle tasse raccolte e una parte li danno alla propria regione; le regioni ne tengono parte e parte ne danno allo stato. Con questo modello evidentemente sarebbero contenti gli enti locali e un po’ meno lo stato.
Per accontentare tutti si potrebbero usare entrambi i sistemi (up-down e down-up). Metà dei soldi si distribuirebbero coll’up-down e metà col down-up.
Oppure, ma questo è un po’ più complicato, l’agenzia delle entrate dovrebbe dare direttamente i soldi allo stato, alle singole regioni, province, comuni in proporzione alla popolazione o al peso contributivo.
Inoltre penso che per far funzionare l’economia, ogni ente statale dovrebbe obbligatoriamente collaborare con almeno due ditte private (di diverse proprietà, magari italiana), che si occuperebbero di fare la massa del lavoro sotto le indicazioni dell’ente statale di riferimento. Un po’ come l’aeronautica americana che collabora contemporaneamente con McDonnell Douglas e Boeing. Così le ditte (private e in competizione) lavorerebbero e avrebbero degli appalti di ferro con lo stato, che pagherebbe.
Inoltre penso che forse bisognerebbe fare le gare pubbliche d’appalto non al ribasso (cioè in cui vince la ditta che fa pagare meno), ma al medio (cioè vince chi si avvicina di più alla media delle offerte).